In addition to the basic information about each cabin, you can also find the contents of the information boards contained in them.
1 – La baracca dei feriti con il bunker Questa baracca fu costruita nel maggio 1944 e poteva accogliere fino a 36 persone. Il bunker sottostante poteva dare rifugio a 28 feriti in condizioni di immobilità.
Un sistema di tubazioni per l'areazione collegava in tre punti il locale sotterraneo con l'argine del torrente che scorreva a fianco. Il soffitto del bunker era separato dalla baracca e coperto con uno strato di ghiaia dallo spessore di 60 cm. In questo modo, un eventuale incendio della baracca non si sarebbe propagato al bunker. Durante l'ultima offensiva nel marzo del 1945, quando gli occupatori rimasero a lungo nella zona e la gola fu addirittura bombardata, i feriti furono costretti a rimanere in questo rifugio sotterraneo per diversi giorni.
2 – L'isolamento Nella baracca per l'isolamento, costruita nel maggio 1944, venivano ricoverati i feriti con malattie contagiose e i feriti in fin di vita. Nell'ospedale morirono 78 su circa 600 feriti, la maggioranza a causa delle lesioni aperte degli organi interni dell’addome e del torace e per traumi cranici. Tra le ferite quella più letale era la gangrena gassosa – infiammazione accompagnata dall'accumulo del gas nei tessuti. 3 – La baracca della sala operatoria La baracca fu costruita nei primi giorni del dicembre del 1944. Il primo locale fu adibito alla farmacia e alla sterilizzazione. Gli interventi chirurgici venivano effettuati dai medici Viktor Volčjak, Franja Bojc Bidovec, Vladislav Klein, Franc Podkoritnik- Očka, Edvard Pohar, Bogdan Brecelj e Franci Derganc.
Raramente venivano eseguiti interventi senza l'anestetico; di solito avevano a disposizione l'etere o altre sostanze. C'era una costante mancanza di antibiotici, del sangue e del plasma. I medici dovevano arrangiarsi al meglio anche per la sterilizzazione dei panni usati durante l'operazione e dello strumentario. La fornitura del materiale sanitario e dele medicine era resa possibile dalle organizzazioni dell'assistenza sul campo. Degli aiuti arrivano adirittura da Milano e da Graz attraverso associazioni segrete. Nel marzo del 1944 è arrivato il primo rifornimento di materiale sanitario dagli alleati. Diversi accessori per l'immobilizzazione degli arti feriti furono prodotti dall'infermiere Jože Čerin.
4 – La stanza per i medici e la stanza per i feriti Questa baracca fu costruita nel gennaio 1944. Finché la baracca per le operazioni non fù completata, questa baracca conteneva anche una stanza per le operazioni che allo stesso tempo serviva da studio e stanza da letto della direttrice dell'ospedale. Dall'altro lato si trovava una stanza per i feriti. Questa ospitava le donne e veniva scherzosamente chiamata klošter (monastero femminile). Ma siccome c'erano poche donne, vi trovavano posto anche uomini, tra i quali anche Harold C. Adams, pilota delle forze aeree americane, uno delle centinaia di piloti alleati che erano stati salvati dai partigiani sloveni. Adams non fu l'unico: nell'ospedale furono infatti ricoverati all'incirca 100 feriti e malati di nazionalità diverse: tantissimi italiani, persone provenienti dalle repubbliche dell'ex-Unione Sovietica e dall’ex-Jugoslavia (russi, croati, serbi …), alcuni francesi, polacchi, austriaci e americani. 5 – La baracca con l'apparecchio per i raggi X Gli apparecchi per raggi X erano una grande rarità negli ospedali partigiani del tempo. Per sistemare l'apparecchio, nel marzo 1945 costruirono un'apposita baracca, e rivestirono le pareti interne della baracca con il cartoncino e il tessuto nero, ricavato dai paracaduti degli alleati. Dopo la guerra, l’apparecchio fu portato via dall'ospedale ma per svariati anni rimase in funzione in diverse strutture sanitarie, come ultimo a Vransko. Fu riportato alla Franja nel 1967. Oltre alla maggior parte di altri oggetti museali autentici, l'alluvione del 2007 distrusse quasi per intero anche l'apparecchio per i raggi X. Al loro posto ora nelle baracche sono esposte copie e gli oggetti sostitutivi che risalgono al periodo in cui funzionava l'ospedale. 6 – Il deposito di barelle Il vano sotto la parete rocciosa era destinato al deposito di barelle, su cui si trasportavano i feriti.
7 – La cucina La cucina era situata nella baracca No. 8. Poco prima della fine della guerra, nell’aprile 1945, si costruì una nuova baracca, in cui, accanto alla cucina, si trovava un locale più piccolo, adibito a deposito di viveri. Accanto alla baracca, nell’incavo sotto la parete a strapiombo costruirono un altro deposito per tenere la carne al fresco. All'inizio i viveri arrivavano dai dintorni, poi dalla Vipavska dolina ovvero dalla Valle del Vipacco. Nel marzo 1944 cominciarono ad arrivare i primi aiuti degli alleati. L'ospedale non soffrì della mancanza di cibo, solamente durante gli attacchi, quando il trasporto di derrate fu interrotto. 8 – La stanza per i feriti e la mensa Questa fu la prima baracca nella gola, costruita nel dicembre 1943. Conteneva due locali: la stanza per i feriti e la mensa del personale. Per un lungo periodo una parte della mensa era adibita a cucina. Il personale dormiva in soffitta, gli uomini sopra la stanza per i feriti e le donne sopra la cucina e la mensa. La stanza poteva accogliere fino a 50 feriti. L'arredamento – le finestre, le stufe e i letti a castello – furono portati qui dalle caserme abbandonate dall'esercito italiano. 9 – Il Laboratorio, il magazzino, la stanza per gli ufficiali feriti e la stanza del commissario Questa baracca polifunzionale fu costruita nel maggio 1944. Conteneva il deposito di biancheria e la sartoria, ovvero il laboratorio di cucito, il magazzino per le derrate, la stanza per tre feriti e la farmacia. In soffitta alloggiava il commissario politico. Il commissario era un membro dell'amministrazione che si occupava dell'educazione morale e politica nell'ospedale. 10 - La baracca per il personale Per la costruzione di nuove baracche, per il trasporto dei feriti e del materiale sanitario, per i compiti di difesa e di guardia, per la cucina, il laboratorio di cucito e di falegnameria, per la lavanderia e per altre mansioni secondarie occorreva del personale affidabile e pronto al sacrificio. Il numero del personale aumentava in proporzione all'aumento del numero dei feriti. L'elenco del giorno 2 maggio 1945 riporta che nell'ospedale lavoravano 46 persone. Entravano a far parte del personale anche parecchi feriti rimessi in salute. Alloggiavano nelle soffitte delle baracche finché, nel settembre 1944 non fu completata la cosiddetta baracca del personale, nella quale gli uomini, soprattutto guardie, occupavano il pianterreno e la parte femminile del personale la soffitta. 11 – La Lavanderia e il bagno La lavanderia fu costruita nell'ottobre 1944. Tre lavandaie si occupavano del lavaggio dei panni sporchi. Per il lavaggio usavano l'acqua del vicino torrente. Quando dalla caserma di Cerkno portarono una vasca da bagno con la stufa, la si usava regolarmente per fare il bagno. 12 – Il barile per l'eliminazione dei pidocchi Uno dei grandi problemi dell'esercito era anche la pediculosi. Per togliere i pidocchi dai vestiti dei feriti, che arrivavano all'ospedale carichi di pidocchi, davanti alla baracca si trovava un barile in cui si bollivano gli abiti. A questo scopo usavano un normale barile da benzina. 13 – La casa per gli invalidi Gli invalidi che non erano più in grado di tornare nelle file dei combattenti, nel marzo 1945 furono trasferiti nella nuova casa degli invalidi. Questa fu divisa in due locali: la stanza da letto con letti a castello, portati da una lontana caserma tedesca, e un soggiorno con i mobili fatti dal falegname dell'ospedale Jože Volk. Davanti alla casa si trovava una terrazza dove gli invalidi potevano riposare al sole.
Gli invalidi partecipavano attivamente alla vita culturale dell'ospedale. Avevano anche un coro condotto da Albin Waingerl – Čriček. Scrivevano articoli per il giornalino dell'ospedale, che nell'estate del 1944 divenne una rivista letteraria, »La gazzetta dell'ospedale«. A volte Čriček teneva conferenze su diversi argomenti e spesso venivano organizzati spettacoli con discorsi politici, canti, declamazioni e recite. Le canzoni partigiane alzavano il morale e alimentavano la speranza che la vittoria fosse vicina. La libertà tanto agognata arrivò infine il 5 maggio 1945.
14 – Il raccoglitore dell'acqua All'inizio l'ospedale attingeva l'acqua per bere e cucinare direttamente dal torrente. Dopo i temporali questa spesso era torbida e piena di sassolini e perciò alla fine di febbraio o all'inizio di marzo del 1944 costruirono un piccolo acquedotto. L'acqua potabile veniva raccolta in due botti da 500 litri, poste sotto la sorgente nella parte settentrionale della gola. Dall'abbandonata caserma italiana di Cerkno portarono i tubi e i lavandini. Tramite le tubazioni l'acqua fu portata al bagno, alla cucina, alla stanza dei medici e alla baracca per le operazioni. 15 – La centrale elettrica Alla fine di febbraio del 1944 nell'ospedale iniziarono a progettare una centrale elettrica. I lavori furono affidati a Ivan Goljat. Costruirono una diga in cemento armato, ma i temporali primaverili, in maggio e giugno, crearono seri problemi. Il materiale - cavi, interruttori e isolamenti - fu portato all'ospedale Franja dalla caserma di Cerkno e in parte anche dalla miniera di rame abbandonata vicino a Planina. La centrale cominciò a operare in via sperimentale il 10 giugno 1944. La baracca conteneva una turbina ad acqua con il generatore di corrente elettrica continua che si usava per l'illuminazione. Per poter usare l'apparecchio per i raggi X serviva comunque la corrente alternata e dunque potevano cominciare a usarlo solo dopo che venne messo loro a disposizione un motore a benzina con il generatore a corrente elettrica alternata. 16 – Il porcile Gli avanzi non si potevano dare ai contadini dei dintorni, perciò nell'ospedale allevarono due maiali. Il porcile si trovava dietro la baracca No. 9.
17 – Il ponte superiore La costruzione del ponte, che collegava le due sponde della gola ad un'altezza di 12 m sopra il letto del torrente, era connessa con i preparativi per la costruzione di due nuove baracche nella parte settentrionale di difficile accesso. In effetti, le baracche furono costruite, ma dopo il primo attacco alla gola nell’aprile 1944, le smantellarono, mentre il ponte rimase intatto poiché serviva per accedere al bunker per i feriti. 18 – Il bunker per i feriti Il bunker, costruito nel marzo 1944, serviva anche da bunker di difesa. Il bunker poteva accogliere fino a 16 feriti. L'ingresso nel bunker fu chiuso con una doppia parete di legno. Riempirono con sabbia l’intercapedine tra le due pareti, della larghezza di circa 50 cm, per fermare i proiettili. Nella parete praticarono delle feritoie, la dipinsero con i colori mimetici e la coprirono di muschio e rami. 19 – Il bunker per i feriti Nella parete rocciosa di Mali Njivč, a 30 metri sopra la stanza per i medici, nel marzo o aprile del 1944, predisposero un altro bunker per i feriti. Nel bunker sistemarono i letti a castello per 26 persone. Oggi il bunker non è più accessibile al pubblico. 20 – Il gabinetto Fu molto difficile trovare un posto dove situare il gabinetto, poiché questo doveva stare lontano dalla futura baracca per le operazioni. Probabilmente lo costruirono solo nel gennaio 1944. 21 – La fontana Il Maggio del 1944 fu un periodo di vibrante attività nell’ospedale. Si costruirono numerose baracche nuove. Al ritorno in ospedale, dopo un'assenza di due giorni, la dott.ssa Franja, trovò nel cortile con la ghiaia, a sua grande sorpresa, una stella di muschio a cinque punte, e nel suo centro un getto d'acqua, che usciva dal soffione di una doccia. I feriti e il personale gioivano per la fontanella come bambini. La loro ingegnosità valse loro lodi ma anche critiche. Dovettero distruggere la stella,perché il nemico avrebbe potuto scorgerla dall’aria, ma poterono lasciare lo spruzzo. 22 – Il bunker difensivo Il primo bunker difensivo fu costruito nel febbraio 1944, sfruttando la cavità rocciosa sopra la gola. L'ingresso era fortificato da una doppia pannellatura in legno riempita di sabbia e pietre. L'accesso al bunker era possibile solo con l'ausilio di una scala lunga 3 m. 1 – La baracca dei feriti con il bunker Questa baracca fu costruita nel maggio 1944 e poteva accogliere fino a 36 persone. Il bunker sottostante poteva dare rifugio a 28 feriti in condizioni di immobilità.
Un sistema di tubazioni per l'areazione collegava in tre punti il locale sotterraneo con l'argine del torrente che scorreva a fianco. Il soffitto del bunker era separato dalla baracca e coperto con uno strato di ghiaia dallo spessore di 60 cm. In questo modo, un eventuale incendio della baracca non si sarebbe propagato al bunker. Durante l'ultima offensiva nel marzo del 1945, quando gli occupatori rimasero a lungo nella zona e la gola fu addirittura bombardata, i feriti furono costretti a rimanere in questo rifugio sotterraneo per diversi giorni.
Ingresso al rifugio “Il nemico sferrò l’attacco poco dopo il tramonto. Si sentirono rombi e schianti per più di mezz’ora. Tornato il silenzio, andai a controllare i feriti nei bunker, per vedere se avessero bisogno di aiuto. Attraverso un tubo, dal bunker sotto la baracca dei feriti, l’infermiere Jožko mi disse che Gino, un ferito, aveva forti dolori addominali. Pensava che gli sarebbe esploso lo stomaco. Visto che non si poteva aprire la porta del bunker, gli chiesi se avesse forbici e bisturi. Rispose di sì. Allora gli diedi istruzioni su come eseguire l’intervento. Aspettai sue notizie lungo il letto del ruscello, tendendo l’orecchio verso il condotto di ventilazione. Per fortuna il ferito iniziò a sentirsi meglio.” (Franci Derganc, chirurgo) “Bendavamo le ferite a tutti i pazienti, ogni giorno. Era questo il compito di noi infermieri. Seguivamo un ordine preciso: Jože rimuoveva le bende da cambiare, la dottoressa controllava e puliva le ferite, Lida ed io le passavamo i tamponi e gli strumenti, infine Jože rimetteva le bende. Nel mentre, nella baracca regnava il più assoluto silenzio. Oltre gli interventi chirurgici, il cambio delle bende era il compito più importante, poiché tutti i combattenti sapevano che la loro guarigione, anche quella delle ferite più gravi, dipendeva anche dal bendaggio. Dopo aver concluso con i bendaggi andavamo tutti molto volentieri a fumarci una sigaretta.” (Pavla Leban, infermiera) Nella maggior parte dei casi, la cura dei feriti e dei malati gravava sugli infermieri. Il personale seguiva due corsi speciali organizzati per loro in ospedale. Il primo corso, tenuto dai Dott.ri Franci Derganc e Franja Bojc Bidovec, formò nove infermieri e infermiere, il secondo altri cinque. La capo infermiera era Lidija Zlatoper, l’unica infermiera qualificata. 2 – L'isolamento Nella baracca per l'isolamento, costruita nel maggio 1944, venivano ricoverati i feriti con malattie contagiose e i feriti in fin di vita. Nell'ospedale morirono 78 su circa 600 feriti, la maggioranza a causa delle lesioni aperte degli organi interni dell’addome e del torace e per traumi cranici. Tra le ferite quella più letale era la gangrena gassosa – infiammazione accompagnata dall'accumulo del gas nei tessuti. Certificato medico del ferito “Alla fine dell’ottobre del 1944 in ospedale arrivò un malato con la febbre tifoide: si trattava di un caso unico nella storia dell’ospedale Franja. Lo sistemammo nel reparto di isolamento. La sua sofferenza, in particolare durante la notte prima di morire, era indescrivibile. Ero di turno. Quando arrivai al reparto, lui aveva le allucinazioni e il suo corpo era madido di sudore. Feci rapporto alla dottoressa, ma lei non potè fare nulla.” (Franc Šmid – Vinotok, infermiere) 3 – La baracca della sala operatoria La baracca fu costruita nei primi giorni del dicembre del 1944. Il primo locale fu adibito alla farmacia e alla sterilizzazione. Gli interventi chirurgici venivano effettuati dai medici Viktor Volčjak, Franja Bojc Bidovec, Vladislav Klein, Franc Podkoritnik- Očka, Edvard Pohar, Bogdan Brecelj e Franci Derganc.
Raramente venivano eseguiti interventi senza l'anestetico; di solito avevano a disposizione l'etere o altre sostanze. C'era una costante mancanza di antibiotici, del sangue e del plasma. I medici dovevano arrangiarsi al meglio anche per la sterilizzazione dei panni usati durante l'operazione e dello strumentario. La fornitura del materiale sanitario e dele medicine era resa possibile dalle organizzazioni dell'assistenza sul campo. Degli aiuti arrivano adirittura da Milano e da Graz attraverso associazioni segrete. Nel marzo del 1944 è arrivato il primo rifornimento di materiale sanitario dagli alleati. Diversi accessori per l'immobilizzazione degli arti feriti furono prodotti dall'infermiere Jože Čerin.
La farmacia “A venirci in aiuto c’era l’assistenza sul campo. Ogni volta che l’ospedale raccoglieva aiuti, i pacchi contenevano anche bendaggi. Non accadeva quasi mai di ricevere materiale medico, poiché la vendita dei farmaci era controllata dagli occupatori e dai loro collaboratori. Di solito ricevavamo bendaggi fatti in casa, ottenuti da vecchie lenzuola, pannolini o tele. Tutto era sempre ben lavato, bordato e accompagnato da una lettera; e veniva portato al rifugio di nascosto o fatto arrivare tramite corrieri.” (Franja Bojc Bidovec, dottoressa) Protocollo operatorio della squadra chirurgica “Il Dott. Bogdan Brecelj mi ha visitato poco dopo il mio arrivo in ospedale. Mi ha detto di preparami perché sarei stato operato subito. Poi mi ha chiesto se fossi abituato all’alcol. Risposi di no. Mi portarono una bottiglia di grappa alle prugne e mi chiesero di berne quanta più possibile. Sapendo cosa mi aspettava, bevvi a più non posso. Non ero abituato alla grappa: mentre mi sforzavo di mandarla giù, tremavo. Sentivo che il mio corpo si irrigidiva e che stava perdendo sensibilità, mi girava la testa e mi si offuscava la vista…” (Dušan Furlan, ferito) 4 – La stanza per i medici e la stanza per i feriti Questa baracca fu costruita nel gennaio 1944. Finché la baracca per le operazioni non fù completata, questa baracca conteneva anche una stanza per le operazioni che allo stesso tempo serviva da studio e stanza da letto della direttrice dell'ospedale. Dall'altro lato si trovava una stanza per i feriti. Questa ospitava le donne e veniva scherzosamente chiamata klošter (monastero femminile). Ma siccome c'erano poche donne, vi trovavano posto anche uomini, tra i quali anche Harold C. Adams, pilota delle forze aeree americane, uno delle centinaia di piloti alleati che erano stati salvati dai partigiani sloveni. Adams non fu l'unico: nell'ospedale furono infatti ricoverati all'incirca 100 feriti e malati di nazionalità diverse: tantissimi italiani, persone provenienti dalle repubbliche dell'ex-Unione Sovietica e dall’ex-Jugoslavia (russi, croati, serbi …), alcuni francesi, polacchi, austriaci e americani. Viktor Volčjak Viktor Volčjak nacque a Virmaše presso Škofja Loka in una famiglia operaia. Studiò medicina a Lubiana e a Zagabria. All’inizio lavorò a Ptuj, in seguito aprì uno studio medico a Žiri. Aiutò i feriti ancor prima di unirsi ai partigiani. Nel novembre 1943, insieme ad alcuni colleghi, fondò l’ospedale partigiano nella gola Pasice a Dolenji Novaki e ne diventò il primo responsabile. Fu nominato dirigente del reparto sanitario del IX corpo. In seguito fu incaricato di organizzare il servizio medico nel Collio. Finita la guerra lavorò a Lubiana, Belgrado, Zagabria e infine di nuovo a Lubiana. Si specializzò in medicina interna e ottenne il dottorato in medicina militare. Fece anche delle ricerche sulla storia della medicina partigiana e pubblicò numerosi articoli a tema. Franja Bojc Bidovec Nacque a Nemška vas presso Ribnica in una famiglia contadina. Frequentò il liceo classico a Lubiana, e dopo l’esame finale decise di diventare medico. Studiò a Lubiana, a Belgrado e a Zagabria. Prima della guerra lavorò a Bohinjska Bistrica e Ribnica. Fu incarcerata in numerose occasioni con l’accusa di aver collaborato con il movimento di liberazione nazionale. Dal gennaio 1944 fino alla fine delle ostilità gestì l’ospedale partigiano che, durante la guerra, prese il suo nome. Al termine del conflitto, fino al 1946 lavorò negli ospedali di Gorizia, Trieste e Lubiana e successivamente nelle cliniche ginecologiche e ostetriche di Belgrado e Lubiana. Harold Adams Harold C. Adams è stato un pilota militare statunitense. Il suo aereo venne abbattuto nel febbraio 1944. Si lanciò con il paracadute, ma nell’atterrare si ruppe una gamba e venne portato in ospedale. Lo sistemarono nella baracca dei medici. Il suo letto era attaccato a un muro ricoperto di carta da parati: su quella segnò i giorni che trascorreva ricoverato, barrandoli. Il personale dell’ospedale partigiano Franja fece di tutto per far sì che il tenente americano potesse ritornare a casa. Dopo la guerra ricevette dall’infermiere Danilo Šuligoj, con il quale rimase in contatto, proprio un pezzo di quella carta. Suo figlio Cory Adams riportò poi quel ritaglio al museo. 5 – La baracca con l'apparecchio per i raggi X Gli apparecchi per raggi X erano una grande rarità negli ospedali partigiani del tempo. Per sistemare l'apparecchio, nel marzo 1945 costruirono un'apposita baracca, e rivestirono le pareti interne della baracca con il cartoncino e il tessuto nero, ricavato dai paracaduti degli alleati. Dopo la guerra, l’apparecchio fu portato via dall'ospedale ma per svariati anni rimase in funzione in diverse strutture sanitarie, come ultimo a Vransko. Fu riportato alla Franja nel 1967. Oltre alla maggior parte di altri oggetti museali autentici, l'alluvione del 2007 distrusse quasi per intero anche l'apparecchio per i raggi X. Al loro posto ora nelle baracche sono esposte copie e gli oggetti sostitutivi che risalgono al periodo in cui funzionava l'ospedale. La macchina a raggi X “Una grande novità era la bellissima macchina a raggi X che l’ospedale ricevette in dono dal defunto Dott. Demšar di Žiri nel marzo del 1945. Creammo per l’apparecchio uno spazio apposito, grande tre metri per quattro, di cartone foderato con la vela di un paracadute nero. E iniziammo a usarla subito: l’avevamo desiderata tanto, specialmente nelle situazioni difficili.” (Franja Bojc Bidovec, dottoressa) 6 – Il deposito di barelle Il vano sotto la parete rocciosa era destinato al deposito di barelle, su cui si trasportavano i feriti.
Il deposito di barelle, giugno 1945 7 – La cucina La cucina era situata nella baracca No. 8. Poco prima della fine della guerra, nell’aprile 1945, si costruì una nuova baracca, in cui, accanto alla cucina, si trovava un locale più piccolo, adibito a deposito di viveri. Accanto alla baracca, nell’incavo sotto la parete a strapiombo costruirono un altro deposito per tenere la carne al fresco. All'inizio i viveri arrivavano dai dintorni, poi dalla Vipavska dolina ovvero dalla Valle del Vipacco. Nel marzo 1944 cominciarono ad arrivare i primi aiuti degli alleati. L'ospedale non soffrì della mancanza di cibo, solamente durante gli attacchi, quando il trasporto di derrate fu interrotto. “Dipendeva dai rifornimenti, ma di solito avevamo tre piatti caldi ogni giorno. Nei mesi invernali i pasti diventavano monotoni: il più delle volte mangiavamo minestrone. Durante l’ultimo attacco, quanto i rifornimenti di cibo non erano possibili, si cucinava una volta al giorno, di notte. In aggiunta c’era cibo secco che avevamo distribuito tra i bunker prima dell’attacco.” (Franja Bojc Bidovec, dottoressa) 8 – La stanza per i feriti e la mensa Questa fu la prima baracca nella gola, costruita nel dicembre 1943. Conteneva due locali: la stanza per i feriti e la mensa del personale. Per un lungo periodo una parte della mensa era adibita a cucina. Il personale dormiva in soffitta, gli uomini sopra la stanza per i feriti e le donne sopra la cucina e la mensa. La stanza poteva accogliere fino a 50 feriti. L'arredamento – le finestre, le stufe e i letti a castello – furono portati qui dalle caserme abbandonate dall'esercito italiano. La costruzione dell' ospedale “Il sentiero per il trasporto del materiale era impervio. Ci si doveva arrampicare e poi scendere dalle rocce, superare diversi metri di dislivello, e camminare lungo i bordi di strapiombi vertiginosi, ed evitare i precipizi più alti. Eravamo abituati a portare i fucili più che a trasportare tavole di legno. Quando il compagno Volčjak notò il nostro scoramento, prese delle tavole, se le mise sulle spalle e partì di corsa superando tutti gli ostacoli, per farci vedere che era possibile. Il suo gesto ci riempì di coraggio e tutti quanti ne seguimmo l’esempio.” (Ivan Goljat, dirigente militare) I reparti dell ospedale Franja Oltre al reparto centrale nella gola Pasice, chiamato anche reparto B, furono costruite altre 10 divisioni più piccole, che rimasero sotto l’amministrazione del reparto centrale. In questi reparti furono ricoverati circa 300 feriti lievi, di cui se ne prendevano cura gli infermieri. Solamente nel reparto Pokljuka a Jelovica c’era un medico: il Dott. Antonio Cicarelli. “La Dott.ssa Franja visitava spesso il nostro reparto. Controllava le condizioni dei feriti e infondeva loro coraggio ogni giorno per aiutarli a superare le difficoltà. Nonostante mancassero la comodità e gli ambienti sterili degli ospedali odierni, le ferite non peggioravano e i pazienti miglioravano di giorno in giorno. Una volta usciti dal reparto centrale, nessun ferito necessitava più di cure mediche.” (Alojz Plesničar – Gigi, infermiere del reparto A) Rudi Katrašnik - Gašper “Gašper fu il primo al quale rivelai i progetti per la costruzione dell’ospedale. Mi fidavo di lui. Ogni qualvolta guardavo i suoi occhi azzurri, il suo sorriso da bambino e la statura forte da uomo, avevo la sensazione che con un simile compagno avrei potuto conquistare il mondo. Era il primo infermiere a lavorare nella gola, in seguito si occupò del rifugio che nell’aprile 1944 fu scoperto dai tedeschi. Mentre stava salvando l’ultimo ferito, fu colpito da un proiettile nemico. La porta della morte si aprì e e si rinchiuse subito dopo l’entrata di Gašper, che non riuscì a dire nulla: la sua uccisione, ancora oggi, continua a condannare tutti i violenti di questo mondo.” (Viktor Volčjak, dottore) I rifugi degli ospedali partigiani erano la prima linea di guardia. L’ospedale Franja aveva più rifugi di questo tipo, che molte volte cambiavano di posizione. I rifugi più conosciuti si trovavano presso le fattorie a Podnjivč e Log, da Cmilk e al mulino di Praprotnik lungo il torrente Črna, dove lavorava Rudi Katrašnik – Gašper. Il lavoro degli infermieri nei rifugi era indipendente, complesso e comportava molte responsibilità. Gli infermieri dovevano sapere dove trasportare i feriti in base alle loro condizioni. I feriti gravi venivano trasportati nel reparto centrale, quelli con ferite meno gravi nei reparti più piccoli, mentre i feriti lievi rimanevano nel rifugio. 9 – Il Laboratorio, il magazzino, la stanza per gli ufficiali feriti e la stanza del commissario Questa baracca polifunzionale fu costruita nel maggio 1944. Conteneva il deposito di biancheria e la sartoria, ovvero il laboratorio di cucito, il magazzino per le derrate, la stanza per tre feriti e la farmacia. In soffitta alloggiava il commissario politico. Il commissario era un membro dell'amministrazione che si occupava dell'educazione morale e politica nell'ospedale. Accusata ingiustamente “Il calvario iniziò a luglio, quando mi spostarono da un reparto all’altro e da un letto all’altro: interrogavano i feriti, e li chiedevano di raccontare tutto ciò che avevano da ridire nei miei confronti, di elencare tutti i miei errori. Ogni ferito mi guardava con gli occhi sgranati. Erano stupiti, confusi, avevano paura. Sapevano quanto mi fossi dedicata ad aiutarli, e lasciavano che fosse la loro coscienza a rispondere.” (Franja Bojc Bidovec, dottoressa) È rimasta indelebile l’esperienza che segnò la vita di due medici storici dell’ospedale partigiano Franja: Viktor Volčjak e Franja Bojc Bidovec. In base alle lamentele di alcuni feriti influenti e del commissario dell’ospedale, nel luglio del 1944 fu avviato un processo penale contro i due medici che dovettero rispondere davanti al Tribunale militare del IX corpo. I due furono accusati di aver avuto atteggiamenti scortesi verso il personale e i feriti, di negligenza e di disprezzo nei confronti della bandiera alleata. Il processo si concluse nel settembre del 1944 con la delibera del procuratore generale presso la presidenza del Consiglio popolare di liberazione sloveno (Slovenski narodnoosvobodilni svet-SNOS) (in quel periodo l’organo governante), che stabiliva che la persecuzione non era giustificata e l’accusa non era ammissibile. Il magazzino di cibo Il magazzino di derrate è stato completamente rifornito nel marzo del 1944, quando il IX corpo ricevette gli aiuti dagli alleati. I camion portarono il cibo fino a Log per alcune notti: lì li attendeva il nostro personale che trasferiva i pacchi dai camion ai carri, per poi portarli a Podnjivč e infine, a piedi, all’ospedale.” (Franja Bojc Bidovec, dottoressa) Inizialmente, gli incaricati delle forniture di cibo furono i membri dei comitati di liberazione nazionale, organi dell’autorità popolare, di Novaki e Cerkno. In seguito, quando il numero dei feriti e del personale crebbe, la fornitura passò nelle mani delle unità delle truppe partigiane che ottenevano gli approvvigionamenti dalla Valle del Vipacco. Nel marzo del 1944 poi arrivarono anche gli aiuti degli alleati. Durante le feste, i feriti venivano ricordati anche dalla gente del Litorale sloveno, che mandava pacchi di cibo tramite corrieri. L’amministrazione dell’ospedale ringraziò in forma scritta per ogni donazione e raccolta inviata dai vari comitati e dalle organizzazioni. Sopravvissuta all'alluvione La baracca polifunzionale, costruita nel luglio 1944, fu l’unica a sopravvivere all’alluvione del 2007: è quindi l’unica nella quale si possono vedere ancora oggi gli elementi originali della costruzione. Le baracche di legno, costruite quali rifugi temporanei durante la guerra, furono soggette a continue ristrutturazioni nei decenni successivi alla guerra. La grande umidità nella gola ha contribuito all’usura delle parti legnose, e l’integrità delle baracche ne è stata intaccata. 10 - La baracca per il personale Per la costruzione di nuove baracche, per il trasporto dei feriti e del materiale sanitario, per i compiti di difesa e di guardia, per la cucina, il laboratorio di cucito e di falegnameria, per la lavanderia e per altre mansioni secondarie occorreva del personale affidabile e pronto al sacrificio. Il numero del personale aumentava in proporzione all'aumento del numero dei feriti. L'elenco del giorno 2 maggio 1945 riporta che nell'ospedale lavoravano 46 persone. Entravano a far parte del personale anche parecchi feriti rimessi in salute. Alloggiavano nelle soffitte delle baracche finché, nel settembre 1944 non fu completata la cosiddetta baracca del personale, nella quale gli uomini, soprattutto guardie, occupavano il pianterreno e la parte femminile del personale la soffitta. Il calzolaio Alois “Nell’ospedale arrivò un austriaco sulla cinquantina di nome Alois Trummel. Si trattava di un ex-soldato tedesco che si era unito all’esercito partigiano. Alla base del collo aveva almeno 20 ulcere piuttosto grandi. Gli facevano molto male e non parlando lo sloveno, diceva sempre: “Schmerzen, Schmerzen” ,ovvero dolore, dolore. Gli curammo le ulcere e, quando guarì, diventò il calzolaio dell’ospedale.” (Franc Šmid – Vinotok, infermiere) 11 – La Lavanderia e il bagno La lavanderia fu costruita nell'ottobre 1944. Tre lavandaie si occupavano del lavaggio dei panni sporchi. Per il lavaggio usavano l'acqua del vicino torrente. Quando dalla caserma di Cerkno portarono una vasca da bagno con la stufa, la si usava regolarmente per fare il bagno. 12 – Il barile per l'eliminazione dei pidocchi Uno dei grandi problemi dell'esercito era anche la pediculosi. Per togliere i pidocchi dai vestiti dei feriti, che arrivavano all'ospedale carichi di pidocchi, davanti alla baracca si trovava un barile in cui si bollivano gli abiti. A questo scopo usavano un normale barile da benzina. “La vita nell’ospedale era piacevole, il lavoro era ben organizzato, a ognuno spettava un compito. Gli infermieri si occupavano dei feriti giorno e notte, le lavandaie avevano sempre da fare. Gli altri svolgevano ora la funzione di portantini ora di guardie; io avevo l’incarico di sterilizzare gli abiti dei feriti. Anche questo era un lavoro importante e di responsabilità, in quanto i pidocchi avrebbero potuto infestare in un batter d’occhio tutto l’ospedale. La fase preparatoria più importante per il mio lavoro era la predisposizione del calderone per il trattamento antiparassitario. Non si trattava certo di attrezzatura comprata in negozio: i miei colleghi lo avevano ricavato da un barile di benzina.” (Božo Benedik, guardia) 13 – La casa per gli invalidi Gli invalidi che non erano più in grado di tornare nelle file dei combattenti, nel marzo 1945 furono trasferiti nella nuova casa degli invalidi. Questa fu divisa in due locali: la stanza da letto con letti a castello, portati da una lontana caserma tedesca, e un soggiorno con i mobili fatti dal falegname dell'ospedale Jože Volk. Davanti alla casa si trovava una terrazza dove gli invalidi potevano riposare al sole.
Gli invalidi partecipavano attivamente alla vita culturale dell'ospedale. Avevano anche un coro condotto da Albin Waingerl – Čriček. Scrivevano articoli per il giornalino dell'ospedale, che nell'estate del 1944 divenne una rivista letteraria, »La gazzetta dell'ospedale«. A volte Čriček teneva conferenze su diversi argomenti e spesso venivano organizzati spettacoli con discorsi politici, canti, declamazioni e recite. Le canzoni partigiane alzavano il morale e alimentavano la speranza che la vittoria fosse vicina. La libertà tanto agognata arrivò infine il 5 maggio 1945.
L' evacuazione “All’inizio dell’agosto del 1944, il Dott. Franc Podkoritnik – Očka radunò i feriti gravi, ormai inabili al combattimento, ma ancora in grado di sostenere un lungo viaggio senza alcuna assistenza medica. Eravamo in 31. Ci ragrupparono la mattina presto e ci informarono che eravamo stati scelti per essere trasportati negli ospedali alleati dell’Italia meridionale. Ci siamo salutati con i compagni che non potevano venire con noi e siamo scesi a valle.” (Andrej Fon – Slavko, ferito) La lunga offensiva dell’estate del 1944 significò una minaccia sempre più grave per le unità partigiane come anche per gli ospedali partigiani sul territorio del IX corpo. In agosto, le unità del IX corpo, in accordo con il comando generale dell’esercito partigiano, organizzarono l’evacuazione dei feriti dal Litorale sloveno e dalla Gorenjska nella regione della Notranjska, da dove furono trasportati in aereo in Italia meridionale. L’evacuazione dei feriti nell’Italia meridionale era un piano di soccorso del movimento di liberazione nazionale. Dagli ospedali partigiani Franja e Pavla furono evacuati 80 feriti. Si trattò di un’azione ben organizzata. Al salvataggio dei feriti parteciparono cinque brigate con 3.000 combattenti. Celebrazioni “I giorni dedicati ai raduni erano delle vere e proprie feste. Quanti preparativi! Quanto c’era da organizzare! Chi prenderà parte allo spettacolo? Che rappresentazione mettere in scena? Quali canzoni cantare? E quanto studiavano prima di ogni raduno! La cuoca Anica se ne stava in cucina davanti al forno: in una mano aveva un mestolo, nell’altra il copione. Mentre trasportava un ferito, Jože ripassava la parte a mente o ad alta voce.” (Albin Weingerl – Čriček, operatore culturale) Tra i disabili ”Ce ne stavamo sdraiati sulle brande. I momenti più difficili erano quando sopraggiungeva il buio. Era allora che, quasi ogni sera, si sentiva qualcuno intonare una canzone partigiana accompagnata dalla chitarra o dalla fisarmonica. Anche i feriti gravi cantavano, nonostante il dolore. Si trattava di una componente importante della cura, ci dava la forza di guardare verso il futuro con speranza. Nella casa per disabili, costruita per noi nel 1945, avevamo letti a castello, una camera da letto con grandi finestre e anche una camera speciale per lo studio e il divertimento.” (Ivan Flajs, ferito) 14 – Il raccoglitore dell'acqua All'inizio l'ospedale attingeva l'acqua per bere e cucinare direttamente dal torrente. Dopo i temporali questa spesso era torbida e piena di sassolini e perciò alla fine di febbraio o all'inizio di marzo del 1944 costruirono un piccolo acquedotto. L'acqua potabile veniva raccolta in due botti da 500 litri, poste sotto la sorgente nella parte settentrionale della gola. Dall'abbandonata caserma italiana di Cerkno portarono i tubi e i lavandini. Tramite le tubazioni l'acqua fu portata al bagno, alla cucina, alla stanza dei medici e alla baracca per le operazioni. 15 – La centrale elettrica Alla fine di febbraio del 1944 nell'ospedale iniziarono a progettare una centrale elettrica. I lavori furono affidati a Ivan Goljat. Costruirono una diga in cemento armato, ma i temporali primaverili, in maggio e giugno, crearono seri problemi. Il materiale - cavi, interruttori e isolamenti - fu portato all'ospedale Franja dalla caserma di Cerkno e in parte anche dalla miniera di rame abbandonata vicino a Planina. La centrale cominciò a operare in via sperimentale il 10 giugno 1944. La baracca conteneva una turbina ad acqua con il generatore di corrente elettrica continua che si usava per l'illuminazione. Per poter usare l'apparecchio per i raggi X serviva comunque la corrente alternata e dunque potevano cominciare a usarlo solo dopo che venne messo loro a disposizione un motore a benzina con il generatore a corrente elettrica alternata. 16 – Il porcile Gli avanzi non si potevano dare ai contadini dei dintorni, perciò nell'ospedale allevarono due maiali. Il porcile si trovava dietro la baracca No. 9.
17 – Il ponte superiore La costruzione del ponte, che collegava le due sponde della gola ad un'altezza di 12 m sopra il letto del torrente, era connessa con i preparativi per la costruzione di due nuove baracche nella parte settentrionale di difficile accesso. In effetti, le baracche furono costruite, ma dopo il primo attacco alla gola nell’aprile 1944, le smantellarono, mentre il ponte rimase intatto poiché serviva per accedere al bunker per i feriti. Il ponte superiore, luglio 1944 18 – Il bunker per i feriti Il bunker, costruito nel marzo 1944, serviva anche da bunker di difesa. Il bunker poteva accogliere fino a 16 feriti. L'ingresso nel bunker fu chiuso con una doppia parete di legno. Riempirono con sabbia l’intercapedine tra le due pareti, della larghezza di circa 50 cm, per fermare i proiettili. Nella parete praticarono delle feritoie, la dipinsero con i colori mimetici e la coprirono di muschio e rami. 19 – Il bunker per i feriti Nella parete rocciosa di Mali Njivč, a 30 metri sopra la stanza per i medici, nel marzo o aprile del 1944, predisposero un altro bunker per i feriti. Nel bunker sistemarono i letti a castello per 26 persone. Oggi il bunker non è più accessibile al pubblico. 20 – Il gabinetto Fu molto difficile trovare un posto dove situare il gabinetto, poiché questo doveva stare lontano dalla futura baracca per le operazioni. Probabilmente lo costruirono solo nel gennaio 1944. 21 – La fontana Il Maggio del 1944 fu un periodo di vibrante attività nell’ospedale. Si costruirono numerose baracche nuove. Al ritorno in ospedale, dopo un'assenza di due giorni, la dott.ssa Franja, trovò nel cortile con la ghiaia, a sua grande sorpresa, una stella di muschio a cinque punte, e nel suo centro un getto d'acqua, che usciva dal soffione di una doccia. I feriti e il personale gioivano per la fontanella come bambini. La loro ingegnosità valse loro lodi ma anche critiche. Dovettero distruggere la stella,perché il nemico avrebbe potuto scorgerla dall’aria, ma poterono lasciare lo spruzzo. La fontana, luglio 1944